lunedì 12 novembre 2012

La Vita è un Viaggio


La vita è un viaggio: dimmi con che mezzo viaggi e ti dirò chi sei.

Tipo piedi: il tipo leggenda. Sono due le correnti di pensiero sul tipo piedi: una sostiene che si sia estinto, l’altra che non sia mai esistito. Chissà i futuri passi della scienza non permetteranno un giorno di far luce su questo mistero.
Tipo auto: il tipo assertivo. Il tipo auto vive nell’illusione del controllo (“Il passato è storia, il futuro è mistero ma oggi è un dono e per questo si chiama presente”, gli ricorderebbe amorevolmente il Maestro Oogway). Crede di avere il potere di decidere della sua vita, del suo tempo e del suo spazio: pensa di potersi fermare quando vuole e poi non si ferma finché non è arrivato, vuole godere della solitudine dell’abitacolo e poi parla – e urla – tra sé e sé, rivolgendo parole inascoltate allo speaker radiofonico e agli altri automobilisti; dice “scelgo di spendere un po’ di più, ma ne vale la pena” e poi maledice l’aumento del pedaggio, le accise, le pompe. Si consola “se devo andarmi a schiantare, almeno sarà stato solo per colpa mia”, e si ritrova attaccato al guard-rail in seguito ad un attacco di dissenteria improvvisa dei corvi delle risaie, che hanno fatto andare uscire di strada un tir, che ha perso il rimorchio carico di olio extravergine di oliva, che si è rovesciato sulla carreggiata esattamente davanti alle sue gomme.
Tipo pullman: è il tipo Gruppo-Vacanze-Piemonte, alias Fantocci, vadi. Non vuole prendersi la responsabilità di condursi attivamente alla meta e non sopporta la solitudine. Decide dunque di partire con un gruppo di conoscenti superficiali - e conoscenti superficiali dei conoscenti superficiali – affrontando coraggiosamente il rischio di tornare a casa con un set di pentole in terracotta del Mar Morto, pensate appositamente per la fonduta di ibis azzurro del Titicaca, cacciato con la frombola da un ex assicuratore inglese, che ha scelto di girare il mondo a piedi scalzi, vivendo solo del ricavato della vendita delle sue ceramiche tecniche. La frombola ovviamente è in omaggio. Ritrovo alle 4:00 di un piovoso mattino di novembre, ritorno a mezzanotte, pranzo a sacco, cena a base di fonduta di ibis azzurro del lago Titicaca, cucinata a fuoco lento dal rappresentante di pentole/ cacciatore di ibis nelle pentole di terracotta del Mar Morto. E posate di plastica, quelle nel sacchettino trasparente, col tovagliolo che si straccia solo con lo sguardo (lo sguardo dell’ibis morente) . Tempo medio per visitare ciascuno dei quattrocentosettantadue luoghi d’interesse previsti dal volantino: settantatré secondi ad attrazione.
Tipo autostop: tipo non pervenuto. Pare non arrivino mai alla meta, pare non ritornino mai a casa. E comunque sarebbe il tipo nostalgico.
Tipo motocicletta A: il sognatore part-time, finto alternativo, sempre alla moda. Vede la motocicletta come una fuga, prova un profondo desiderio di libertà, la voglia di uscire dagli schemi, il contatto con la strada, ma solo se il cima è secco-ma-non-troppo, se il sole è caldo-ma-non-di-taglio, se l'aria è fresca-ma-non-tesa, se è un mese-senza-la-erre e possibilmente pari, se si può mettere tutta la tuta di pelle completa con gli stivali rigorosamente abbinati, se ha pianificato il passo da svalicare da almeno tre settimane e quattro giorni, verificando che il maggior numero di altri tipi moto A abbia preso la sua medesima decisione, per organizzare una sosta finto casuale tutti insieme nei pressi del medesimo punto (possibilmente l’unico per nulla panoramico, ma da dove chiunque passi possa ammirare la motocicletta pulitissima, lucida e luccicante, dello stesso colore dalla tuta, del casco e dello zainetto).
Tipo moto B: l’alternativo finto-vero, l’orso delle caverne, l’asociale per antonomasia. Odia tutti gli altri tipi, in particolar modo i tipi moto A. Si sposta  sulle due ruote anche per andare dalla mamma a farsi fare il bucato, ma sempre con l’espressione truce, ché nessuno deve sapere che va a trovare la mamma. Nessuno deve sapere che ha una mamma. Nessuno deve sapere che si lava. La moto è sempre visibilmente zozza – passa i pomeriggi in box a spalmarla di grasso, affinché le polveri sottili vi si appiccichino meglio – e indossa capi tecnici anche quando va dormire, ma solo spaiati e dagli abbinamenti di colore assolutamente inguardabili. Grugnisce da sotto il casco il suo astio per l’umanità, ostenta come una bandiera la sua misantropia e si accerta costantemente che tutti – ma proprio tutti – si accorgano che lui si isola, si allontana, sta in disparte, li schifa: “Io sono diverso da te: guardami!” dice la sua arcata sopraccigliare, mentre con un cenno del capo fa “Cazzo hai da guardare?”.
Tipo Treno: il tipo treno è lo sfigato per eccellenza. Soggetto ai tagli dell’economia (in inverno il riscaldamento non funziona e i finestrini non si chiudono, in estate l’aria condizionata non va e i finestrini non si aprono);  alla repulsione - che coinvolge financo i corpi sottili - nei confronti del tessuto di rivestimento dei sedili, che è “antibatterico” solo perché quelle non bene identificate macchie della copertura “antimacchia” -  che per comodità esce già macchiata da impostazioni di fabbrica -, fa schifo a qualunque forma di vita, anche le più semplici: monocellulari, parassite e distruttive); ai malumori degli impiegati dell’intera rete ferroviaria (che scioperano di regione in regione ogni fine settimana perché gli gira dannatamente per essere stati messi di turno venerdì sera, sabato e domenica, e poi scioperano quelli del lunedì, perché “quegli stronzi di ieri non hanno fatto un cazzo, perché oggi io dovrei lavorare?”); al divieto di fare pipì durante la sosta in stazione nonostante lo sappiano tutti,  che la pipì scappa proprio durante la sosta in stazione; all’alitosi del tizio strambo che gli si mette accanto, all’abitudine di certi stranieri di levarsi le scarpe, a quelli che si portano il chihuahua nella tasca dell’impermeabile (o sono solo felici di vederti).
- Va bene, ma il valium per il decollo lo voglio lo stesso.

1 commento:

  1. Tu che tipo sei? Ti vedo sognatrice costretta alla realtà
    Corto Maltese

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