Allora parliamoci chiaro: volenti o nolenti, che tentiamo il tutto per tutto al fine di sfuggirgli, che gli andiamo incontro col mento alzato a mo’ di sfida, o che semplicemente ci muoviamo elegantemente per ignorarlo, il confronto con gli ex è inevitabile. Anzitutto un ex ci sarà sempre: è l’attore del telefilm della prima adolescenza, la bimba con le trecce che passava i compiti alle elementari, il bambino con gli occhi celesti che ha dato uno spintone per difenderci dal prepotente all’asilo, la prima tata, la mamma, il papà, lo spermatozoo, nessuno può dirsi mai il primo o la prima, ché per ciascuno c’è sempre un’entità reale o virtuale che è arrivata nei nostri cuori in precedenza e di cui serbiamo un ricordo di zucchero filato rosa. O un prepotente desiderio di rivalsa. Certo, poi la competizione maschile di norma si esaurisce a chi dura di più e chi ce l’ha più grande, anche se in verità pure gli uomini riescono a sfoderare una serie di variazioni sul tema non da poco: ce l’aveva più lungo? Più largo? Più dritto? Piegato in avanti? Più duro? Impiegava meno tempo per avere un’erezione? Lo teneva su di più? Lo muoveva meglio? E la lingua? Quante volte ti faceva venire con la lingua? E quanti orgasmi avevi? Ma clitoridei, vaginali o uterini? (Ah, voi lo sapete che se arrivate a poter porre tutte queste domande senza essere mollati in autostrada è vero amore, sì?). Ma le donne restano comunque le peggiori, in quanto ad ansia da confronto: io per esempio ho un’insicurezza di fondo, per cui apparterrei al primo tipo in elenco (quella che scappa), ma ho anche una vocina dentro che mi dice che sono una cogliona a provare queste debolezze e quindi mi comporto come al punto tre: con elegante noncuranza. Che vi assicuro è la peggiore, perché l’uomo tende a pensare “be’, non gliene frega niente, meno male, si vede che lei è superiore a queste cose” e finisce per raccontare particolari delle sue “vite precedenti” di cui, onestamente, faremmo volentieri a meno. Ad ogni modo addentrarmi nei campi che noi donne sentiamo come terreno di confronto è una pazzia: le lettrici, se azzardano un minimo di auto-analisi, possono intuirlo, ma temo che non sarebbe lo stesso per i lettori, che rischiano di limitare notevolmente la questione a cose scontate – e consentitemi di dirlo, anche un po’ noiose – come “aveva il culo più sodo? Le tette più grandi? Le labbra più carnose? Ci sapeva fare di più?”. Quindi vi dò giusto un assaggio della follia femminile, accennandovi che una donna si può trovare a fare pensieri come “era più sensuale di me, quando veniva? Sarebbe stata più fotogenica in un video hard? Aveva la clitoride più aderente alle grandi labbra? Stava più simpatica ai tuoi amici? Piaceva di più ai tuoi genitori? Rifaceva meglio il letto? Preparava meglio da mangiare? Rammendava meglio i calzini? Aveva le ginocchia più lisce? Era meno pelosa? I suoi gomiti erano più morbidi? Scorreggiava o implodeva?”. E via, e via in un crescendo di delirio senza fine, tipico del marchio XX.
Io la prima ex con cui ho avuto a che fare era la mia migliore amica, ma devo dire che la storia è durata qualcosa come una settimana e l’unica cosa per cui avrei potuto temere un confronto, vale a dire il primo – e unico- bacio, a me aveva fatto così schifo che l’idea che quel tipo potesse anche solo pensare di fare paragoni tra noi due, quando lui per primo era un disastro totale, non mi ha proprio sfiorata. Col secondo non ho avuto grandi problemi: insomma, la sua ex avrebbe potuto essere anche Angelina Jolie, ma non gliel’aveva data, quindi è stata una mia vittoria a mani basse. Ero talmente gasata da questa cosa, che ho perso totalmente la testa e me lo sono sposato. Càpita. Non a tanti, per fortuna. Il terzo mi ha creato qualche problema: intanto le ex erano tante e di una varietà notevole, dalla tardona che se lo è preso da adolescente e se l’è tirato su a colpi di ventre, alla ragazzina di dieci anni più giovane che si è lasciata introdurre alle gioie dell’età adulta come una Eliza dal suo Pigmalione. Tutte lo avevano lasciato, tracciando ciascuna in lui un solco indelebile di dolore e sofferenza, che io onestamente, nonostante le sue rassicurazioni “tu sei completamente diversa”, continuavo a vedere come tacche di conquista marchiate a fuoco delle altre. Capirete che l’unico modo per non essere da meno e mantenere lo stesso standard cui era abituato, era lavorare di cesello un altro solco, profondo tanto quanto gli altri (ognuno ha il terreno di confronto che si merita: se un numero non ben definito di donne aveva deciso di troncare, un motivo ci sarà stato. Sarebbero cose da sapere per tempo, comunque diffidate dei multi-lasciati). Il quarto (già quattro: che troia) era amico di tutte le sue ex. Ecco anche qui per le lettrici potrei fermarmi, ché già ho comunicato quanto basta, ma per rispetto nei confronti di voi maschietti – e maschioni – proseguo un po’ oltre. Il quarto era amico di tutte le sue ex, le quali erano a loro volta tutte amiche della di lui madre su facebook, la quale non poteva vederle mentre stavano col figlio, salvo poi iniziare a venerarle, rimpiangerle e decantarne le qualità nel momento esatto in cui diventavano ex e venivano rimpiazzate. Devo aggiungere altro? Devo davvero esplicitare che l’invincibile ex qui in azione era la genitrice? Sonora sconfitta per inevitabile KO tecnico. Fuggite, donne, da un uomo che si sente al telefono con la mamma quattro volte al giorno, otto nel weekend: non si può competere contro la donna che per prima gli ha scappellato l’uccello e gli ha infilato una tetta in bocca.
Certo, con gli anni i confronti si sentono meno e anche la donna più insicura raggiunge una certa dose di confortevole consapevolezza, grazie alla quale è veramente ed intimamente conscia anzitutto del fatto che tutti abbiamo un passato, prima fondamentale nozione, e che ciò che davvero conta è solo il presente: se il tuo presente sono io, è grazie a tutto il tuo passato. E poi col tempo impariamo anche a conoscere noi stessi e i nostri punti di forza e riusciamo a contare più su quelli, che non a temere le nostre lacune: insomma, sappiamo quali sfide affrontare e quali eventualmente lasciar perdere, perché l’esperienza ci ha resi coscienti di noi stessi.
Quindi in conclusione no, Amore, non te lo faccio il tiramisù perché sarebbe una sfida persa in partenza. In compenso, però, ti farò un pompino.
lunedì 6 agosto 2012
sabato 4 agosto 2012
Dieci cose che avreste voluto sapere sull’estate (e non avete mai avuto il coraggio di chiedere)
1. Perché l’estate si chiama “e-state”? Dove dobbiamo stare? Perché ci dobbiamo stare? Ma soprattutto, che fine ha fatto la frase che logicamente dovrebbe precedere la congiunzione? Siamo forse di fronte ad una traccia, per trovare risposta ad uno dei più grandi misteri dell’essere umano: il nome di Dio? E se è un nome, allora perché non si pronuncia Éstate? I nomi delle stagioni celano qualche sfuggente messaggio mistico, che nessuno mai ha osato cercare di svelare? Abbiamo forse sempre avuto davanti agli occhi il senso della vita, ma ci siamo sempre fatti fottere dagli accenti tonici? Prima Vera e State a Utunno in Verno?
2. Perché alla legittima domanda “perché in éstate fa caldo?”, continuiamo imperterriti a rispondere “perché è éstate”, pur sapendo che nell’altro emisfero (l’altro emisfero, quello che non si chiama come questo perché non è questo e quindi molto semplicemente lo si può chiamare solo “l’altro”) d’estate fa un cazzo di freddo? È l’ennesima domanda cui non avremo mai risposta perché la Chiesa, il Bilderberg e Sauron si adoperano da anni per insabbiare la verità, insediando i loro uomini di punta nelle previsioni meteorologiche?
3. Che fine ha fatto l’anticiclone delle Azzorre? È stato segato anche lui per la crisi ed ora il suo contratto a tempo indeterminato l’hanno dato via, spalmandolo su mezza dozzina di prestazioni occasionali?
4. Perché negli Stati Uniti danno sempre i nomi di battesimo agli uragani, mentre noi non diamo mai nessun nome agli eventi atmosferici? Ah, no, questa devo ricordarmi di toglierla.
5. Perché in éstate tutto puzza di piscio? I panni stesi puzzano di piscio, il pavimento puzza di piscio, l’ascensore puzza di piscio, le docce delle spiagge puzzano di piscio, le strade puzzano di piscio, le panchine puzzano di piscio, bambini puzzano di piscio, i vecchi puzzano di piscio, gli animali puzzano di piscio? Sarà il caso ch’io smetta di pisciare sui panni, sul pavimento, in ascensore, per strada, nelle docce, sulle panchine, sui bambini, sui vecchi e sugli animali?
6. Perché in éstate la tivvù trasmette sempre tutta la saga di Rosamunde Pilcher? Non è già abbastanza deprimente il fatto che tutto puzzi di piscio?
7. Perché ogni volta che mangio un ghiacciolo poi ho le dita appiccicose? Mica mangio il ghiacciolo come Mork!
8. Perché le cicale cantano tutto il giorno? Non si rendono conto che così facendo le formiche glielo mettono sempre nel culo? Non si sono accorti dei danni che fanno all’intero ecosistema, conducendo questa loro vita dissoluta e rumorosa, che ha permesso a Heather Parisi di metter su una canzone che propineranno ancora ai nipoti dei nostri nipoti cicale-cicale-cicale di merda?
9. Perché d’éstate la mia libido sale, mentre quella del mio fidanzato scende, salvo poi risalire in impennata con un ultimo guizzo da pesce moribondo al passaggio di ogni culo abbronzato in tanga? Sarà mica proprio per quello che scende, onde evitare che corra dietro a tutti i culi abbronzati in tanga in perenne erezione? E poi perché i culi abbronzati sono sempre quelli delle altre? Perché? Perché?
10. Perché in éstate il mio culo non si abbronza?
2. Perché alla legittima domanda “perché in éstate fa caldo?”, continuiamo imperterriti a rispondere “perché è éstate”, pur sapendo che nell’altro emisfero (l’altro emisfero, quello che non si chiama come questo perché non è questo e quindi molto semplicemente lo si può chiamare solo “l’altro”) d’estate fa un cazzo di freddo? È l’ennesima domanda cui non avremo mai risposta perché la Chiesa, il Bilderberg e Sauron si adoperano da anni per insabbiare la verità, insediando i loro uomini di punta nelle previsioni meteorologiche?
3. Che fine ha fatto l’anticiclone delle Azzorre? È stato segato anche lui per la crisi ed ora il suo contratto a tempo indeterminato l’hanno dato via, spalmandolo su mezza dozzina di prestazioni occasionali?
4. Perché negli Stati Uniti danno sempre i nomi di battesimo agli uragani, mentre noi non diamo mai nessun nome agli eventi atmosferici? Ah, no, questa devo ricordarmi di toglierla.
5. Perché in éstate tutto puzza di piscio? I panni stesi puzzano di piscio, il pavimento puzza di piscio, l’ascensore puzza di piscio, le docce delle spiagge puzzano di piscio, le strade puzzano di piscio, le panchine puzzano di piscio, bambini puzzano di piscio, i vecchi puzzano di piscio, gli animali puzzano di piscio? Sarà il caso ch’io smetta di pisciare sui panni, sul pavimento, in ascensore, per strada, nelle docce, sulle panchine, sui bambini, sui vecchi e sugli animali?
6. Perché in éstate la tivvù trasmette sempre tutta la saga di Rosamunde Pilcher? Non è già abbastanza deprimente il fatto che tutto puzzi di piscio?
7. Perché ogni volta che mangio un ghiacciolo poi ho le dita appiccicose? Mica mangio il ghiacciolo come Mork!
8. Perché le cicale cantano tutto il giorno? Non si rendono conto che così facendo le formiche glielo mettono sempre nel culo? Non si sono accorti dei danni che fanno all’intero ecosistema, conducendo questa loro vita dissoluta e rumorosa, che ha permesso a Heather Parisi di metter su una canzone che propineranno ancora ai nipoti dei nostri nipoti cicale-cicale-cicale di merda?
9. Perché d’éstate la mia libido sale, mentre quella del mio fidanzato scende, salvo poi risalire in impennata con un ultimo guizzo da pesce moribondo al passaggio di ogni culo abbronzato in tanga? Sarà mica proprio per quello che scende, onde evitare che corra dietro a tutti i culi abbronzati in tanga in perenne erezione? E poi perché i culi abbronzati sono sempre quelli delle altre? Perché? Perché?
10. Perché in éstate il mio culo non si abbronza?
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